HELENEUM – LUGANO
L’esposizione allestita al piano terra dell’Heleneum immerge il visitatore nell’atmosfera magica, piena di luce e di colori, del Giappone di fine Ottocento, grazie a un centinaio di opere della Collezione Perino. Si tratta di diapositive di vetro, fotografie all’albumina e cromolitografie raccolte in tempi recenti da Claudio Perino, medico e appassionato di arte tradizionale giapponese da oltre venti anni. In esposizione le lastre di vetro sono messe in relazione con una selezione di stampe xilografiche e di stampe all’albumina colorate a mano di simile soggetto per evidenziare quanto negli anni possa cambiare il supporto, ma non la tematica affrontata dagli artisti. L’esposizione fa parte del programma di eventi promossi dall’Ambasciata del Giappone in Svizzera per celebrare il 150esimo anniversario dei rapporti diplomatici tra i due paesi.

La quasi totalità delle immagini sono esemplari della cosiddetta Scuola di Yokohama, cui appartengono anche le oltre 5000 fotografie all’albumina dipinte a mano che il MUSEC conserva e valorizza attraverso un’intensa attività di ricerche ed esposizioni a livello internazionale (Collezione Ceschin-Pilone/Fagioli). La presente esposizione si focalizza su supporti diversi dalle fotografie all’albumina e mette ulteriormente in evidenza il ruolo centrale che ebbero le immagini della Scuola di Yokohama nella formazione, in Occidente, di un immaginario collettivo sul Giappone. Tale fenomeno caratterizzò proprio i tumultuosi anni del periodo Meiji (1868-1912), quando il Giappone si aprì all’Occidente dopo secoli di isolamento e avviò una rapida e profonda trasformazione che ha portato al Giappone contemporaneo. Fu un periodo ricco di contraddizioni, caratterizzato da curiosità e visioni reciproche, esotiche ed esotizzanti, che sono espresse nei soggetti scelti dai fotografi del tempo: geisha tra fiori, samurai, lottatori di sumo, kendōka, ma anche Occidentali in risciò, Ainu barbuti dell’Hokkaidō, o ancora, i lampioni a gas lungo le vie delle città giapponesi. La dimensione quasi onirica delle immagini della Scuola di Yokohama è accentuata da un peculiare supporto, all’epoca molto diffuso e oggi quasi dimenticato: le delicate diapositive realizzate con lastre in vetro, chiamate gentō-ban (燈板), che letteralmente significa “illusione di luce”. Le immagini sulle diapositive erano ottenute a partire da negativi fotografici o stereografici e poi, come le stesse fotografie all’albumina, erano finemente colorate a mano da maestranze locali. A differenza delle fotografie, le diapositive erano proiettate su un muro bianco con la lanterna magica, una sorta di proiettore antesignano del cinema.