HELENEUM – LUGANO
Wagan, Arte e musica del Sepik presenta 46 opere provenienti dalla Nuova Guinea e sono state raccolte sul campo, o acquistate da intermediari, in un periodo che va dalla fine dell’Ottocento alla metà del Novecento. Nel percorso di scoperta delle opere in esposizione il filo conduttore è l’idea che in una cultura semplice “tutto si tiene”. L’arte, il mito, la letteratura, la musica e la danza fanno parte del rito e dell’organizzazione sociale, in una concezione organicistica che permetteva agli individui di vivere in profonda armonia con l’ambiente e con la storia. La decorazione, scolpita e dipinta, richiama a forme umane e animali che rappresentano antenati e spiriti protettori: le vibrazioni e i suoni emessi da flauti e tamburi sono considerati la voce stessa degli spiriti, onnipresenti nei contesti cerimoniali come nella vita di tutti i giorni. Si tratta di opere che svolgevano un ruolo di grande rilievo nella cultura dei popoli del Sepik ed erano oggetto di grandi attenzioni. La loro funzione principale era quella di emettere vibrazioni e melodie che modificavano la comune percezione sonora dell’ambiente. Il loro suono era necessario affinché si manifestassero in Terra gli universi virtuali del rito. Le opere provengono dalla Collezione Brignoni del MUSEC, dalla Collezione Schäfer della Regione Lombardia in deposito ai Musei Civici di Como (MCC), dal Musée d’Ethnographie di Ginevra (MEG), dalla Collezione Dinz Rialto del Museo degli Sguardi di Rimini (MSR) e da una collezione privata di Rovigo, già Collezione Hruska.

Wagan è un termine polisemico che giocava un ruolo di grande importanza nel sistema di classificazione dei popoli della media Valle del Sepik: era il nome dello spirito ancestrale dei clan quando possedeva lo sciamano e parlava attraverso di lui e, dunque, per analogia, era anche il nome stesso dello sciamano; era lo spirito che dava ascolto alle preghiere degli uomini, ed era il grande tamburo a fessura la cui “voce” ritmata era addirittura accreditata come un essere dotato di volontà autonoma. Spesso il grande tamburo a fessura era associato alla canoa, cui assomiglia molto nelle forme, e in quanto legati all’idea di forza generatrice, i wagan erano connessi all’acqua ed erano evocati in parecchie cerimonie che avevano a che fare col rinnovamento periodico delle cose.
Personificazioni dei wagan erano anche i sedili cerimoniali chiamati teket, intorno ai quali si riuniva l’assemblea degli anziani, per registrare le genealogie e prendere le decisioni più importanti che riguardavano la comunità. Legati al complesso ideologico del wagan erano, anche i cosiddetti “ganci”, sculture che erano assicurate a una trave della casa e fatte penzolare liberamente dal soffitto per appendere gli oggetti di distinzione che appartenevano ai membri del clan. I ganci di maggiori dimensioni raffiguravano entità di grande rilievo mitico e culturale ed erano oggetto di particolare venerazione.
Il ciclo espositivo “Altrarti” è dedicato all’approfondimento monografico della complessità dei valori d’una particolare espressione d’arte e di cultura. Partendo dalla lettura della sua forma fino all’analisi del suo significato, del suo valore e del contesto in cui agisce, l’opera d’arte etnica è studiata sotto il maggior numero di punti di vista.