VILLA MALPENSATA
Il feltro (namad, in farsi) accompagna da millenni la vita dei nomadi di una vasta area geografica, che comprende il Turkmenistan, l’Iran, l’Uzbekistan, il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Afghanistan. Se ne trovano tracce nelle cronache di Marco Polo, ma in Occidente i feltri sono rimasti a lungo nell’ombra. È sulla scia dell’attrazione delle Avanguardie per le cosiddette arti «primitive» che il carattere arcaico e misterioso dei motivi ornamentali dei feltri ha risvegliato l’interesse di artisti e collezionisti. L’accurata ricerca del MUSEC porta alla luce la complessità che caratterizza sia gli splendidi manufatti sia le culture che li hanno prodotti. Allestita nello Spazio Cielo al secondo piano di Villa Malpensata e curata da Imogen Heitmann l’esposizione «Namad», offre al visitatore l’occasione unica di scoprire sedici opere di grandi dimensioni, tra feltri, tessuti ricamati ed elementi di tenda tradizionale (iurta): tutte testimonianze di quanto il feltro sia stato di fondamentale importanza per la vita delle popolazioni dell’Iran e dell’Asia centrale. Le opere esposte sono state selezionate tra quelle raccolte da Sergio Poggianella, gallerista ed esperto d’arte, nonché Presidente della omonima Fondazione di Rovereto; quaranta dei suoi feltri appartengono ora alle collezioni permanenti del MUSEC.

Una tecnica «semplice», ma complessa
Una leggenda tramandata in Iran tra i produttori di feltro racconta che il figlio pastore di Hazrat Suleiman (Re Salomone) aveva cercato, senza riuscirci, di usare fiocchi di lana di pecora per produrre una stoffa non tessuta. Picchiò la lana, piangendoci sopra calde lacrime, e l’azione di battere la lana inumidita trasformò i fiocchi in stoffa. Oggi, questo pastore è ancora il santo patrono dei produttori di feltro nel Nord dell’Iran. Uno degli aspetti più distintivi del feltro è proprio la sua tecnica di lavorazione. A differenza dei tessuti o dei tappeti intrecciati e annodati, esso si ottiene selezionando, pulendo e «assemblando» le fibre di lana attraverso il processo della follatura. La tecnica fa affidamento alle proprietà fisiche, chimiche e meccaniche della lana naturale, grazie anche a una serie di movimenti, fasi e tecniche specifiche che permettono la produzione di opere di diversi generi e stili. Proprio perché così immediata e di facile fattura, alcuni studiosi ritengono che si tratti di una delle forme più remote di stoffe mai create dall’uomo.
I motivi del feltro: tracce dalla Persia medievale
I feltri mostrano l’esistenza di una varietà di tecniche e di una varietà iconografica. I loro motivi decorativi compongono un universo codificato di segni stilizzati di difficile interpretazione, condiviso da più gruppi all’interno di grandi aree geografiche e diffuso anche su numerosi altri supporti. In tal senso, particolarmente rilevanti sono le miniature persiane di epoca medievale, create a seguito di un momento storico di grande rilievo: nel corso del XIII secolo i mongoli – inizialmente sotto la guida di Genghis Khan – occuparono l’Asia centrale integrando i vari popoli turchi della regione. All’apice della sua estensione l’impero, che era il più vasto del globo, copriva gran parte dei territori dall’Asia e dell’Europa orientale. I grandi capi turco-mongoli fecero realizzare opere letterarie e illustrate della storia contemporanea in cui figurano le tradizionali tende di feltro e i relativi arredi. I disegni permettono da un lato di capire come apparissero i feltri di una volta, e dall’altro di osservare il lavoro di fantasia dei miniaturisti. Sebbene sia infatti altamente improbabile che i feltri fossero interamente ricoperti di ricami d’oro, essi erano indubbiamente un elemento fondamentale della cultura materiale dell’Asia centrale.