4 DICEMBRE 2025 – 12 APRILE 2026
VILLA MALPENSATA – SPAZIO MARAINI
La Fondazione culture e musei (FCM) e il Museo delle Culture di Lugano (MUSEC) annunciano i vincitori dell’edizione 2025 di Unpublished Photo (UP), il concorso internazionale nato per promuovere le nuove tendenze della fotografia d’arte tra i giovani talenti di tutto il mondo. L’edizione 2025 di UP ha visto la partecipazione di oltre duecento giovani fotografi provenienti da trentacinque Paesi, con una forte rappresentanza da Italia, Cina e Australia. I candidati, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, hanno presentato i loro progetti composti da 10 immagini a tema libero, coerenti per stile e contenuto. I quattro vincitori sono stati selezionati da una giuria internazionale riunitasi lo scorso mese di maggio a Venezia, nella sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, partner del progetto. La giuria, presieduta dal fotografo tedesco Hans Georg Berger, era composta da Francesco Paolo Campione, Eugenio Calini, Giovanna Palandri, Angelica Sella e Tiziana Serena. I primi due artisti ex-aequo si sono aggiudicati 2.000 franchi ciascuno, mentre 500 franchi sono andati sia al terzo che al quarto classificato. I quattro vincitori sono inoltre premiati con la pubblicazione del catalogo (Edizioni FCM) e con l’esposizione temporanea allestita al MUSEC. A complemento della mostra, saranno organizzati eventi collaterali dedicati agli appassionati di fotografia.

Nurlana Udovenko (Ucraina, 1997) è un’artista visiva e fotografa. Il progetto Boredom nasce nel 2024 da un’urgenza interiore più che da un’intuizione visiva. Per indagare l’esperienza della noia, l’artista ha invitato alcuni soggetti a sedersi per un’ora davanti a una telecamera, da soli, senza compiti o distrazioni. Le immagini sono state realizzate in modo non convenzionale: Udovenko ha proiettato i video delle sessioni su uno schermo e vi ha premuto contro fogli di carta fotosensibile, lasciandoli esposti per tutta la durata del video. Ogni fotografia, frutto di un’esposizione di un’ora, condensa l’intera esperienza temporale in un’unica immagine rarefatta e sfocata, memoria visiva del passaggio e della presenza. Boredom riflette sulla difficoltà contemporanea di sostare nel vuoto e di ascoltarsi senza distrazioni. La noia, spesso vista come un vuoto da colmare, diventa qui uno spazio fertile di consapevolezza, dove il «non fare nulla» si trasforma in un atto di presenza.
Titas Valionis (Kaunas, Lituania, 2000) è un fotografo la cui ricerca nasce nel 2013 dal parkour, esperienza personale e fisica prima ancora che visiva. Inizialmente usata per documentare allenamenti e progressi, la fotografia diventa presto per lui uno strumento narrativo, capace di cogliere l’essenza del gesto e il suo significato. Il progetto Artists That Can Fly raccoglie immagini realizzate durante raduni e incontri di parkour in tutta la Lituania, da Vilnius a Kaunas fino a Druskininkai. Titas Valionis vede nel parkour una forma d’arte urbana, dove l’atleta è il pennello e i suoi movimenti dipingono nello spazio. La macchina fotografica diventa così un mezzo poetico per fissare l’attimo e dare forma visiva a un linguaggio fatto di energia, libertà e intuizione.
Mariangela Pfahler (Germania, 1998) è un’artista multidisciplinare. Il progetto Vertebrae nasce nel 2021 da un momento di casualità creativa: una serie di riflessi prodotti da una striscia di LED multicolore sopra i fornelli attira la sua attenzione, spingendola a fotografare le immagini di luce e i cavi elettrici circostanti. Le curve e gli intrecci dei cavi formano composizioni complesse, simili a reti organiche. Realizzate in un’unica sessione, le fotografie sono state successivamente invertite e contrastate, dando origine a immagini ambigue e affascinanti che evocano ossa, strutture bio-organiche o microrganismi. Con Vertebrae, Mariangela Pfahler indaga la capacità della visione di trasformare l’ordinario in meraviglia, invitando lo spettatore a riscoprire la sensibilità nascosta nelle forme quotidiane.
Anouk Andrea Boni (Modena, 2002) sviluppa il progetto Nuda ferita mortale all’inizio del 2025, ispirandosi alle nebbie dense della pianura padana e alle carcasse di alberi che vi emergono come tracce silenziose di una vita spezzata. Ogni fotografia diventa segno di morte e, al tempo stesso, di una vitalità residua inscritta nella materia. Ispirato alla raccolta Il canto degli alberi di Hermann Hesse, il lavoro riflette sull’interruzione del ciclo vitale e sulla tensione tra vita e morte, resistenza e memoria. Gli alberi, simboli di crescita e tempo, si fanno emblema di una natura che continua a vivere nonostante le forzature esterne. La poetica di Anouk Andrea Boni, influenzata da Mario Giacomelli, mira a rappresentare non il reale ma la sua idea, decontestualizzando il soggetto per renderlo assoluto. Le immagini, tra astrazione e contemplazione, invitano lo spettatore a una riconnessione intima con la natura e con la dimensione spirituale del paesaggio.