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06 November 2014 - 15 February 2015, Pinacothèque de Paris - Parigi

L'art de l’amour au temps des geishas. Les chefs-d'oeuvre interdits de l'art japonais

Con la mostra «L’art de l’amour au temps des geishas. Les chefs-d’oeuvre interdits de l'art japonais» il Museo delle Culture di Lugano raggiunge quota 75 esposizioni temporanee, dal 2006 (anno del suo rilancio) a oggi. Un numero importante che parla di più di 8 esposizioni temporanee all’anno, in 36 sedi di 22 diverse città europee, in Svizzera, Italia, Francia e Danimarca. Il MCL si conferma così come centro di produzione culturale a livello europeo. Nell’esposizione alla Pinacothèque de Paris per la prima volta sono messe organicamente a confronto le opere tradizionali del periodo Edo con le fotografie della Scuola di Yokohama e soprattutto con i disegni erotici (hentai) e le opere d’arte contemporanea d’ispirazione erotica e pornografica che ne sono la diretta prosecuzione artistica e culturale.

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La mostra e l'evento

Inaugurata a Parigi il 5 novembre 2014, alla presenza dell'ambasciatore svizzero in Francia, il luganese Bernardino Regazzoni, è una delle maggiori esposizioni mai realizzate sull'argomento. In esposizione alla Pinacothèque de Paris, oltre 250 opere di cui quasi 200 provenienti dalla collezioni del Museo delle Culture. Si tratta di disegni, pitture, stampe xilografiche, fotografie dell'Ottocento colorate a mano e opere d'arte applicata che permetteranno di presentare al grande pubblico il mondo dell'arte e della cultura giapponese, dal XVII secolo ai giorni nostri, dal punto di vista della rappresentazione dell'ideale della bellezza femminile, dell'immaginario erotico e delle abitudini di vita. 

La ricerca e le novità

 L'esposizione ideata e coordinata scientificamente dal MCL, prodotta dalla Pinacothèque de Paris (che ne ha curato anche l’allestimento) e organizzata dalla GAMM - Giunti Arte Mostre Musei di Firenze, è frutto di una ricerca, sostenuta anche dalla Fondazione «Ceschin Pilone» di Zurigo, condotta dal MCL e dai suoi partner a partire dal 2006, e prosegue il lavoro già avviato con l’esposizione «Shunga», realizzata dal Museo delle Culture al Palazzo Reale di Milano nel 2009 e poi a Lugano (Heleneum) nel 2010. Per la prima volta sono state messe organicamente a confronto, e presentate al pubblico, le opere tradizionali del periodo Edo con le fotografie della Scuola di Yokohama e soprattutto con i disegni erotici (hentai) e le opere d’arte contemporanea d’ispirazione erotica e pornografica che ne sono la diretta prosecuzione artistica e culturale. Le 40 opere d’arte applicata esposte a contrappunto del percorso principale di opere del MCL provengono dal Museo d’Arte Orientale di Torino (nell’ambito dell’accordo di programma siglato quest’anno col MCL) e dal Museo d’Arte Orientale di Venezia. 

Curatori e catalogo

Curatore dell’esposizione è Francesco Paolo Campione, direttore del MCL. Direttore artistico è invece Marc Restellini, direttore della Pinacothèque de Paris. Accompagnano l’esposizione un ricco catalogo (in francese) di 336 pagine (Edizioni Giunti, Firenze), a cura di F. P. Campione e Marco Fagioli (autori di due saggi al suo interno), con i contributi di tre ricercatori del MCL (G. Giovannoni, M. Luraschi e A. Mazza) e di 5 esperti (A. Boscaro, B. Ruperti, M. Ceccherini, E. Giannini, P. Scrolavezza), che approfondiscono i diversi aspetti del progetto. Insieme al catalogo è pubblicato anche un album di 48 pagine di grande formato. 

Gli artisti

Sono presentati in esposizione opere di tutti i maggiori artisti dell’ukiyo-e, fra cui: Hishikawa Moronobu, Hosoda Eishi, Isoda Koryūsai, Katsukawa Shunchō, Katsushika Hokusai, Keisai Eisen, Kikugawa Eizan, Kitagawa Utamaro, Kitao Masanobu, Nishikawa Sukenobu, Suzuki Harunobu, Torii Kiyonaga, Utagawa Hiroshige, Utagawa Kunisada e Utagawa Kuniyoshi. Fra i fotografi: Kusakabe Kimbei, Ogawa Kazumasa e Tamamura Kōzaburō. Fra gli artisti di epoca Meiji: Hashiguchi Goyō. Fra i mangaka contemporanei: Maeda Toshio, Dirty Matsumoto e Gengorō Tagame. Fra gli artisti contemporanei: Aoshima Chiho e Takano Aya. 

L’ukiyo-e

Al centro dell’esposizione un nucleo di oltre 150 stampe che raffigurano le «belle donne» (bijinga) e gli amanti ritratti in una variegata serie di circostanze erotiche (shunga). I due generi raggiunsero la loro massima fioritura nel periodo dello shogunato Tokugawa, tra il 1603 e il 1867. Creati con la tecnica della xilografia policroma, sono tra le più significative espressioni artistiche della celebre movimento culturale dell’ukiyo-e (lett. «immagini del mondo fluttuante»). In estrema sintesi, esse rappresentano la manifestazione d’una riflessione etica ed estetica sulla brevità e sulla transitorietà della vita, riflessione che esprime - a diversi livelli - i valori del ceto borghese (chōnin) delle grandi città, composto da mercanti, artigiani, medici, insegnanti e artisti, escluso dal potere politico, ma economicamente fiorente, che affermò una concezione edonistica dell’esistenza, in contrasto con la rigida morale neoconfuciana sostenuta dalla classe guerriera dei samurai, che reggeva in quei secoli il governo centrale del Giappone. I chônin offrivano un esempio di vita raffinata, ostentavano il lusso, organizzano feste, frequentano i teatri, i bordelli e le case da tè: così il termine ukiyo-e, che designa l’arte ispirata a tale genere di vita, divenne sinonimo di «moderno», «alla moda», e fu usato per esprimere una sorta di filosofia incentrata sul gusto di un’esistenza piacevole e, per quanto possibile, appagante dei desideri personali. 

Bijinga e shunga

I bijinga e gli shunga sono composizioni semplici, ma non povere. La loro «semplicità» è il risultato della ricerca profonda di un’associazione formale che giunge allo schematismo, anche se - è bene sottolinearlo - nel gesto pittorico o nel bulino, non vi è mai tecnicismo o rarefazione artata, ma piuttosto la pienezza senza ripensamento di un’idea a lungo maturata, prima di diventare forma: sono - a esempio - le  ōkubie le «immagini dal grande collo» di Utamaro, attraverso le quali il volto sembra effettivamente spiccare il volo dal corpo, trascendendone la materialità per porsi quasi a un livello spirituale, o le composizioni drammatiche dai contrasti azzardati, attraverso le quali i maestri dell’ultima fase del genere shunga, antropomorfizzano le manifestazioni della natura, avvicinando empaticamente chi guarda al senso profondo dei grandi determinismi, altrimenti inenarrabili nella loro immensità atmosferica e speculativa. 

Erotismo come manifestazione primaria della cultura

Gli shunga, più in particolare, insieme alla statuaria indiana del X-XII secolo, costituiscono la più compiuta manifestazione artistica di un programma ideologico che, attraverso l’erotismo e la sessualità, esprime i valori profondi di una cultura. Superando i divieti e gli ostacoli del potere politico, gli shunga si affermarono come parte importante della produzione dei maggiori artisti del tempo e furono molto apprezzati dai contemporanei, sia come stampe singole, sia come illustrazioni per racconti erotici e per manuali (shunpon) destinati all’educazione delle giovani spose e delle cortigiane. 

Giapponismo

Collezionati segretamente in Europa dalla seconda metà dell’Ottocento, dopo che il Giappone fu costretto ad aprire le sue isole alle navi straniere e agli scambi commerciali col mondo occidentale, gli shunga furono motivo d’ispirazione diretta di letterati e artisti della levatura di Zola, Klimt e Van Gogh, e influirono in modo significativo sulla riflessione artistica nell’ambito dell’Orientalismo della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo. 

L'art de l’amour au temps des geishas. Les chefs-d'oeuvre interdits de l'art japonais

a cura di Marco Fagioli & Günther Giovannoni
Giunti
CHF 45.-
ISBN 978-88-202-1934-5

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